Intervista di Opera Uno a Giovanna Fracassi

Intervista con Giovanna Fracassi

Giovanna Fracassi risponde ad alcune domande sul suo libro “In esilio da me” e sulla propria attività letteraria.

Quali sono i temi dominanti delle poesie contenute nel suo libro “In esilio da me“?
La solitudine declinata come tratto caratteristico dell’essere umano. Tutto sembra perso, smarrito e indefinito. Eppure, al fondo, c’è la speranza… Infatti la solitudine di cui tratto è la solitudine esistenziale, alla quale ritengo l’uomo non possa sfuggire nonostante la sua costante ricerca di alleviare questa ineludibile sensazione. Ecco quindi i vari tentativi per superare questa sensazione, la ricerca spesso spasmodica di trovare in un altro da sé, la possibilità di non percepirsi nella propria nudità esistenziale. Spesso questi tentativi portano alla delusione e alla separazione, alla lacerazione da quelle persone o da quelle situazioni in cui si credeva d’aver trovato una risposta, mentre si tratta solo di una pausa, una sosta nella nostra ricerca, nel nostro viaggio.

Tutto questo ha una connotazione pessimista?
No, tutto questo non deve portare alla disperazione. Al contrario, dovrebbe essere ciò che fornisce un senso al nostro vivere, al nostro innato bisogno di aprirci all’altro, di occuparcene, di averne cura. Su queste basi si fonda la nostra socialità, il nostro senso di appartenenza a una famiglia, a un gruppo, a una società, a uno Stato. La speranza non è da me intesa nella sua valenza consolatoria o come generico afflato verso un futuro migliore; trovo che questa accezione sia limitativa. La speranza è insita nella vita stessa: togliere a un uomo la speranza è come ucciderlo, bruciarne il germe vitale interiore. Avere speranza deve spronare l’individuo a cercare le soluzioni, le risposte e soprattutto spingerlo all’azione. Diversamente è un acquietarsi passivo sulla propria esistenza, un affidarsi a qualcosa o qualcuno altro da noi stessi.

Altre tematiche?
Altre tematiche ricorrenti nei miei componimenti poetici sono: la mancanza, la nostalgia, la solitudine. Sentimenti che toccano l’essenza più profonda dell’essere umano. Ma tutti si possono tradurre con una sola parola: il dolore. Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva assai composita. A esso possiamo ricondurre tutti quegli stati d’animo che attraversano spesso i nostri giorni: l’inquietudine, l’ansia, la mancanza, l’assenza, la nostalgia struggente, il senso di abbandono, la tristezza e il male di vivere, come pure la sofferenza fisica e psichica, la malattia e il lutto. La nostra vita è attraversata da molti momenti di dolore. Da ciò la necessità, il desiderio imprescindibile, la tensione vitale che ci spingono a cercare e a sperimentare la serenità, la gioia, l’allegria come anche la condivisione delle nostre emozioni, dei nostri sentimenti con chi ci è più vicino. Non sapremmo godere della salute, dell’amore, in tutte le sue accezioni, di tutto ciò che di bello ci circonda, non troveremmo l’entusiasmo con cui affrontiamo le sfide continue al nostro intelletto e al nostro impegno nel lavoro e nella società se non conoscessimo così spesso situazioni e sensazioni dolorose. Direi che il dolore ci mette in grado di apprezzare tutti i momenti in cui è assente e, allo stesso tempo, ci spinge a impegnarci, a lottare per superarlo, per vincerlo. In questo senso credo sia ormai chiaro che i miei temi, come la solitudine e il dolore, non implichino affatto una visione pessimistica della vita ma siano piuttosto da interpretarsi come viatici per una vita più consapevole nella sua pienezza e nella sua articolazione e come strumenti della tensione al miglioramento che ognuno auspica per sé e per gli altri.

Come ha scelto il titolo del libro?
Per riflettere su ciò che mi circonda è necessario che esca dal mio nucleo intimistico e narrativo. Devo andare “in esilio da me stessa“, nel senso di assumere un punto di vista “altro” che mi consenta di esplorare tutto ciò che è abituale e consueto, al fine di coglierne, interpretarne i significati più reconditi. Devo uscire dalla mia interiorità, prenderne un po’ le distanze, starne appunto “lontana” anche per focalizzare meglio i miei moti interiori, le mie stesse emozioni, i miei sentimenti, ma anche per continuare la ricerca inesauribile, e proprio per questo affascinante, delle domande esistenziali che da sempre mi accompagnano nel mio vivere, cercando di farlo nel modo più consapevole e responsabile. Devo quindi uscire dalla mia casa – chiocciola, dal mio Io che seppur fornito di uscio e di finestre, sia pure essendo un caldo rifugio, deve essere talvolta lasciato per andare “oltre” l’orizzonte, in viaggio. Ma è un partire che prelude sempre a un ritornare. Il movimento è circolare e infinito come le spire della chiocciola: dalll’interiorità al mondo esterno e poi da questo, dopo la ricerca, ritorno al mio mondo interiore, alla mia “casa“. Un ritorno carico di nuove scoperte, di nuove domande che presto mi spingeranno, ritemprate le forze,ad un’altra partenza, ad un altro viaggio.

Definirebbe le sue poesie come “intimistiche“?
Le mie poesie sono “intimistiche” solo in parte, perchè credo che un poeta non scrive solo o prevalentemente di sé, ma si fa portavoce, strumento di un sentire universale che colloca all’interno del proprio pensiero o della propria filosofia. Penso che nelle mie poesie vi siano un pizzico di realtà mia e/o di altri, riflessioni, fantasia, creatività, contatto con l’immensità della vita, con il microcosmo in cui mi muovo.

Cosa significa per lei scrivere poesie?
Scrivere poesie per me significa dare voce al mio rapporto con la vita. Spesso ricorro all’ immagine di me seduta accanto ad un grande forziere, ormai per meno della metà pieno di monete antiche e di rari gioielli. Dietro di me, c’è un bel mucchietto di varie pietre preziose, altre sono ancora strette fra le mie dita. Le rimanenti giacciono ammiccanti nel fondo del grande scrigno. Ed eccomi allora qui, pensando al senso della mia giornata, al fatto che una di quelle perle che tengo in mano sta per essere depositata nel mucchio dietro di me. Mi chiedo: cosa resterà per me e di me, di questo giorno? Il bisogno imperioso di scrivere è la mia risposta. Ora sempre più frequentemente, se un giorno trascorre senza che io abbia appuntato, con la calamita della memoria fermata con le parole sul foglio bianco del tempo, un mio pensiero, una mia riflessione, mi assale l’angoscia di aver mancato un’occasione importante.

Scrivere è, dunque, una necessità per lei?
Spesso mi interrogo su questa necessità, peraltro sempre più condivisa da molte altre persone, di seminare dietro di me, al mio passaggio su questa terra, un po’ di parole, di concetti, di pensieri appunto, quasi che un giorno io stessa ne potessi spiare i germogli e vederne poi i fiori. Mentre in realtà so che questa semina non vedrà alcuna fioritura né sarà a beneficio di alcuno. Tuttavia questo atto è in grado di testimoniarmi di aver goduto di una perla, di un rubino del mio forziere e mi rende pure consapevole, purtroppo, di quanto si stia riducendo il mio “tesoro“. Inoltre, per me scrivere è dare qualcosa di sé a chi legge, è guardarsi dentro per capirsi, per calmarsi, per ritrovare la voglia di essere felice quando questo sembra difficile. Scrivere è dimenticarsi della parte peggiore di se stessi, è ritrovare la propria energia, è riconciliarsi con il mondo intero, è relativizzare il dolore, è contestualizzare la propria esistenza. Scrivere non è solo lasciare un messaggio sulla carta, è regalare una propria emozione all’eternità. Non è necessario che qualcuno ci legga perché ogni parola rimane tracciata sulla mappa dell’Universo in cui tutto si genera, tutto ritorna e nulla va mai disperso.

Da cosa trae principalmente la sua ispirazione?
Traggo ispirazione dalle emozioni più intense, quelle che ci colgono all’improvviso. Sono quelle, le più vere, e danno sostanza al linguaggio universale della poesia, capace di metterci in contatto con gli altri. Dallo stupore che sempre mi coglie di fronte all’universo, quello senza confini fuori di noi e quello immenso dentro l’Uomo. Per me scrivere è un atto creativo liberatorio, ma non solo. Scrivendo riesco a guardare dentro e fuori di me e cogliere aspetti della realtà umana che altrimenti mi sfuggirebbero. Mi piace ascoltare ciò che le storie delle persone, ma anche gli oggetti, i paesaggi mi comunicano. Poi traduco tutto secondo il mio sentire, lo faccio mio. In questo modo è come vivere più esperienze in parallelo. Inoltre, proprio nelle cose più semplici troviamo i significati più profondi, nel piccolo c’è tutto l’universo, nell’umile c’è tutta la grandezza dell’anima. Per me questo è meraviglioso. La pienezza della vita, colta in ogni istante, sia esso di dolore o di gioia merita attenzione e suscita riflessioni che si trasformano in un testo poetico.

Come conseguenza di queste riflessioni, cos’è effettivamente per lei la sua poesia?
La mia poesia è uno sguardo sul mondo che mi circonda, sia esso inteso come realtà naturale: i paesaggi, il cambio delle stagioni, le variazioni atmosferiche; sia come realtà umana: l’uomo con i suoi bisogni, le sue tristezze, i suoi sogni, la gamma infinita e poliedrica dei suoi sentimenti e delle sue emozioni. Tutto ciò è da me visto, vissuto, fatto mio attraverso il filtro della mia sensibilità, delle mie stesse esperienze e della mia visione della vita. Ogni aspetto che attira la mia attenzione viene così a rapportarsi con i temi della mia riflessione esistenziale, con la mia ricerca di senso e con il mio anelito a cogliere una dimensione spirituale che vada oltre la mera descrizione lirica di sentimenti ed emozioni. In questo senso la mia poesia è l’espressione del mio continuo essere in viaggio dentro me stessa e dentro l’universo umano.

Quali emozioni e quali messaggi le piacerebbe trasmettere ai lettori dei suoi versi?
La poesia è anche comunicazione, è un ponte che costruisco per raggiungere il lettore, in un tempo differito, in uno spazio dilatato, con l’intento di condividere ma soprattutto di sollecitare alla riflessione. Ed è proprio questa consapevolezza che mi spinge a ricercare temi e forme sempre più chiari e coinvolgenti così che il pensare a chi mi leggerà sostanzia e precisa la mia stessa scrittura in una continua spirale creativa. L’atto dello scrivere diviene, in tal modo, l’unica modalità con la quale ritengo di poter, almeno parzialmente, superare la mia solitudine esistenziale. Quella stessa solitudine, ineludibile, che permea la vita di ogni uomo.

Qual è il ruolo della poesia nella società attuale?
Credo che la società attuale abbia bisogno di filosofia e, quindi, dato che io le considero strettamente legate, di poesia. Questo per non lasciar soffocare lo spirito di ricerca del senso da dare alla propria esistenza e a quella dell’umanità. Non possiamo illuderci di controllare il mondo e la natura unicamente con la tecnologia e la razionalità. Il mondo va anche interpretato, agito, vissuto, fatto nostro grazie alla scelta consapevole di quei valori fondamentali che ognuno può e deve elaborare. Ecco perciò perché dobbiamo coltivare la nostra dimensione spirituale attraverso la riflessione interiore e tutte le forme d’arte che ne sono espressione e fra queste, la poesia non può che occupare un posto di primo piano.

Cosa pensa della poesia “libera” da vincoli classici, come ad esempio la metrica?
L’approccio al testo poetico è divenuto più “libero“, proprio perché la poesia risponde ai moti interiori di ciascuno, ognuno sceglie di leggere e soprattutto di apprezzare e cercare quel tipo di poesia che meglio gli corrisponde e nei versi della quale può ritrovarsi o per le emozioni provate o per i sentimenti vissuti o per le analogie con la propria visione del mondo e della vita. In questo contesto non ha più molto senso lo studio della metrica o l’interpretazione “canonica” di una composizione contemporanea. Queste restano invece imprescindibili nella lettura dei classici.

Cosa direbbe per consigliare la lettura delle sue poesie?
Consiglierei di leggere le mie poesie a tutti coloro che non cercano nella poesia un momento di svago, bensì un’occasione per riflettere sul viaggio interiore dell’uomo, un viaggio costellato di dolori, sofferenze, solitudini, nostalgie e di brevi e fugaci istanti di gioiosa serenità. Un viaggio in cui l’Altro è compagno, magari solo per un breve tratto, ma per quel poco tempo, è conforto, è confronto, è quell’uscire dalla propria interiorità per condividere con l’altro la fatica, l’impegno, la responsabilità di vivere consapevolmente.

Come e quando è avvenuto il suo ingresso nel mondo letterario?
La mia attitudine alla scrittura è presente da tempo nella mia vita. Ho sempre avuto una predilezione per lo scritto rispetto al parlato, fin dalle mie prime manifestazioni di emozioni e di sentimenti. La scrittura è il mio canale espressivo preferito. Ho iniziato a comporre poesie nel periodo adolescenziale, come tutti, ci sono poi stati dei lunghi periodi in cui ero impegnata su talmente tanti fronti che mi restava appena il tempo per scrivere il mio diario. Poi finalmente sono riuscita a ritagliarmi quello spazio temporale e mentale necessario per tornare a scrivere. Pubblico regolarmente dal 2011 su antologie, riviste specializzate, inoltre ho dato alle stampe 7 sillogi ed una raccolta di filastrocche.

Cosa ricorda con più piacere della sua attività di poetessa fino ad oggi?
Della mia attività di poetessa ricordo con piacere innanzitutto lo scrivere in sé, questa bellissima opportunità di scendere, come un minatore nella miniera, alla ricerca, dentro me stessa, dei miei ricordi, dei miei pensieri, questo scavare nelle mie riflessioni, nelle mie conoscenze, nelle mie domande e nelle mie risposte, questo viaggiare nel tempo e nello spazio che travalica la mia esistenza, il mio esserci qui e adesso. Interessanti e stimolanti poi sono i confronti con altri amanti dello scrivere e con i lettori che commentano i miei scritti o mi contattano per chiedere, per capire. Allo stesso modo trovo stimolante il fatto di scrivere per le interviste che mi sono state fatte, esse costituiscono un’importante occasione per fare il punto della mia attività, per riflettere ancora e sempre su ciò che scrivo, e sulla mia capacità di comunicarlo

Ha nuovi progetti letterari per il futuro?
Sto lavorando a più progetti perché sto scrivendo dei racconti, altre poesie e ho due “sogni nel cassetto” che coltivo da tempo. Si tratta della storia dei miei genitori, ambientata nel periodo storico che va dal 1937 al 1960, quindi con riferimenti a quanto accaduto nella mia città natale, ma anche alle vicende antecedenti che hanno visto come protagonista mio nonno paterno, di origini trentine e attivista irredentista. L’altro invece è la mia storia, relativamente agli anni giovanili, anche in questo caso con recuperi e riferimenti alla società di allora: le abitudini degli anni ’60, i giochi e i divertimenti, la musica, le letture, la scuola e tanto altro. A questo si affianca anche la scrittura di alcune brevi favole e filastrocche perché amo molto l’universo infantile.