Veliero racconto di Giovanna Fracassi tratto da Nella clessidra del cuore Ed Rupe Mutevole

Veliero

L’ultimo gruppo di turisti era sceso e già le loro voci si affievolivano perdendosi fra i vicoli del porto, certamente erano diretti al vecchio pub all’ angolo della piazza dove sorgeva la torre campanaria che spiccava rossiccia fra i tetti.  Amava quell’ ora del giorno, sedeva sul grande rotolo delle corde ruvide e pregne di salsedine e con il viso alla brezza dolce e profumata della sera restava ad osservare il cielo che scuriva sfumandosi all ’orizzonte. Adesso però era tutto un rincorrersi di nere nuvole che rosseggiavano di lampi che ne incendiavano i confini , quasi vi fosse lassù l’infuriare di una battaglia con un continuo avvampare di fuoco e rimbombo di spari come tuoni che dardeggiavano cupi .Adam pensò a quando l’uomo, ancora ignaro di tante conoscenze scientifiche, volgeva lo sguardo tremante, impaurito e immaginava davvero dei, come forze della natura, alla presa con le loro personali controversie a fronteggiarsi a suon di fulmini e saette…quanta poesia! Ma lui voleva restare invischiato ancora, nonostante e malgrado i suoi titoli accademici, a questa libera interpretazione del mondo .

Aveva abbandonato tutto, già da qualche anno, sì tutto : carriera universitaria, il bell’ appartamento , l’auto potente e di prestigio, gli amici, le feste, le serate a teatro, tutto. Solo Spiffero, il caro e ormai spelacchiato cane aveva voluto portare con sé in quel porto sul mare del nord .

Raramente tornava al suo passato: se n’era andato senza alcun rimpianto e non aveva ancora il desiderio di tornare e chissà mai se lo avrebbe mai avuto.

Respirò la tranquillità di quelle onde placide, socchiuse gli occhi al leggero rollio del suo legno e sorrise ripensando a quel giorno in cui decise, così, all ’improvviso, su due piedi , di investire gran parte dei suoi risparmi acquistando quel vecchio e malconcio veliero.

Arrivato la mattina, era sceso dal pullman con il suo borsone da viaggio e Spiffero ubbidiente al guinzaglio: tutto il suo passato raccolto nel palmo della mano, aveva fiutato l’aria fredda del porto e aveva deciso di andare a cercare una pensione dove alloggiare. Si lasciò guidare dai passi ed arrivò davanti agli ormeggi. Quel piccolo veliero di raggrinzito legno scuro, dondolava sbatacchiando i fianchi stanchi mentre dai tre alberi pendevano vele grigiastre e butterate. Pensò che doveva aver visto tempi migliori e per un momento lo vide lucido e fiero solcare il mare .Lesse : “in vendita “ed uno sbiadito numero di telefono. Al cellulare gli rispose una voce ruvida : poche indispensabili parole e la mattina dopo, alle 9.30, saliva da proprietario sul ponte macilento mentre Spiffero, guardingo ma festoso , annusava avido ogni angolo.

Gli ci vollero parecchie settimane per ripulire e ridare vita a quel brutto anatroccolo che si distingueva fra le imbarcazioni ormeggiate per il suo aspetto macilento. Ma armato di tanta buona volontà, con tutto il tempo della libertà a disposizione , era riuscito nella trasformazione. Era orgoglioso e soddisfatto del suo lavoro: ancora si guardava intorno e apprezzava il legno lucido, le candide vele, che quando si gonfiavano erano il suo stesso respiro. Sottocoperta era la sua dimora: pochi metri quadrati che lo tenevano piegato in due con il suo metro e novanta, un tavolo proprio sotto l’oblò, due sedie, un piccolo angolo cottura e un letto spartano. Ma i libri erano sparsi ovunque e il suo pc lampeggiava a lato. Ecco a questo non aveva rinunciato: alla sua finestra sul mondo che galleggiava con lui di fiordo in fiordo.

Stava iniziando a piovere, si tirò sulle spalle la cerata, si calcò meglio il berretto e rimase quasi immobile a fissare il gocciolio sempre più intenso che rendeva spumeggiante il mare. Il ticchettio cresceva mentre tutto intorno, ogni altro rumore cessava….oramai tutti erano rincasati, le altre imbarcazioni restavano mute e spente…nessun altro aveva eletto a domicilio la propria barca.

Così Adam restava solo, ogni notte, nel piccolo porto addormentato.

A volte pensava di esserne l’involontario custode, soprattutto quando un rumore inatteso lo svegliava richiamandolo dal sonno senza sogni in cui sprofondava con una serenità che non conosceva da tempo, oppure quando ascoltava, ancora nel dormiveglia, i primi richiami dei marinai, il primo accendersi del motore dei pescherecci che uscivano nella bruma mattutina.